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Should I stay or should I go?

Erica Crespi 4 Ottobre, 2016

SHOULD I STAY OR SHOULD I GO?!?  

Mare o montagna? Divano o discoteca? Combattere o fuggire? Qualunque sia l’argomento, il fatto di essere dotati di libero arbitrio ci pone milioni di piccoli o grandi dilemmi quotidiani. Ogni giorno compiamo numerosissime scelte, da cosa mangiare a colazione a quali scarpe indossare. Inutile dire che  alcune decsioni sono decisamente più complicate di altre. Ad esempio, un lavoro che nutre il conto in banca ma prosciuga la energie vitali: andarsene o restare? Una relazione che dura da anni, piena di rassicuranti abitudini, sentimenti intensi ma anche di continui conflitti: andarsene o restare? 

Prima o poi capitano a tutti delle situazioni ambivalenti che pongono davanti al dilemma: “Vado o resto?”. In queste situazioni è davvero difficile distinguere ciò che davvero vogliamo e ciò che è meglio per noi. Potete chiedere consiglio a Maria Nazionale, oppure provare a seguire questi 6 suggerimenti derivati dalla psicologia sperimentale.

Step #1: Cosa ti aspetteresti che facesse un altro al posto tuo? Lealtà, senso del dovere , senso di appartenenza oppure la cara vecchia paura dell’ignoto. Tutti questi fattori possono davvero complicare le cose quando dobbiamo decidere se restare o andare via.

Per esempio: immaginate di aver accettato un lavoro importante, magari per una nobile causa, ma di esservi accorti che il capo è tossico e che i colleghi sono anche peggio. Non avete voglia di restare ma andandovene sentireste di abbandonare la causa. Oppure: il vostro coinquilino è terribilmente disordinato e voi non sopportate più il caos. Vorreste cambiare casa ma avete paura che questo guasterebbe l’amicizia. Andate o restate?

Proviamo a pensarla così: indipendentemente da quello che vi sentite propensi a fare, nel prendere una decisione provate a chiedervi “Mi aspetterei che qualcun’altro al mio posto facesse lo stesso?”. Visto che siamo grandi fan dell’empatia e della tolleranza, non chiediamo a noi stessi quello che non chiederemmo ad un altra persona. Se usiamo due pesi e due misure per noi stessi e per gli altri rischiamo di ritrovarci votati al martirio.

Step # 2: Usa le emozioni nel modo giusto. Ormai pasata l’adolescenza dovremmo averlo capito: prendere decisioni sull’onda delle emozioni è come farsi un tatuaggio da sbronzi. D’altra parte però una certa quota di emozione è necessaria per condurre un buon processo decisionale. A partire dagli anni ’80 fino ai primi anni ’90 diversi team di ricercatori hanno dimostrato che individui che avevano riportato danni al lobo frontale, in particolare nelle regioni deputate all’elaborazione di risposte emotive, non erano più in grado di imparare dai propri errori né di fare scelte ponderate. Ciò dimostra che l’elaborazione delle emozioni gioca un ruolo importante nel processo decisionale. Se da una parte infatti emozioni troppo intense possono portare a fare scelte avventate,  in assenza di emozioni avremo scelte fredde, puramente razionali e non corrispondenti a ciò che realmente vogliamo.

Quindi come fare? Per prima cosa se abbiamo un picco di rabbia, di ansia o di paura, cerchiamo di posticipare le decisioni: fortunatamente anche le emozioni più intense si stemperano semplicemente facendo passare qualche ora. Quando le acque si saranno calmate potremo  fare spazio alle emozioni iniziando a considerare ciò che proviamo e non solamente ciò che pensiamo rispetto ad una certa situazione. I vissuti emotivi sono personali e conducono a fare  scelte che siano valide per noi stessi.

Step # 3: Espandi la classica lista dei pro e contro: Avete mai fatto una lista dei pro e contro? Ecco allora sapete che prendere in mano un foglio e una matita per dedicare del tempo ad una decisione la fa diventare subito una cosa seria. Proviamo a complessificare ancora un pochino e vi assicuro che non sarà una perdita di tempo. Invece di una, le liste diventano due: pro e contro dell’opzione A (ex: andare), pro e contro dell’opzione B (ex: restare). Se pensate che sia una ripetizione e che le risposte saranno solo l’una l’opposto dell’altra,  rimarrete sorpresi dalle sfumature che emergeranno. Anche in questo caso un piccolo sforzo dei vostri lobi frontali aiuterà a fare la scelta migliore.

Step # 4: Fai caso a quanto stai cercando di giustificare la decisione. Una donna durante la sua prima gravidanza doveva decidere se rivolgersi ad un pediatra rinomato che riceve in una clinica in centro città, oppure se affidarsi alla pediatra della sua famiglia che riceve in periferia in uno studio meno conosciuto. La futura mamma diceva che avrebbe voluto andare dal pediatra in centro, ma era preoccupata di non riconoscere la strada, diceva che trovare parcheggio sarebbe stato difficile e si lamentava del fatto che la sala d’attesa della clinica fosse troppo affollata. Era chiaro che la signora volesse andare dalla pediatra di famiglia ma si sentiva in colpa nel fare una scelta meno nobile e più comoda.

Il punto? Se vi ritrovate a razionalizzare, a giustificare e a cercare di convincervi di qualcosa, lasciate perdere e fate ciò che volte veramente. È meglio camminare a testa alta per la propria strada che intraprendere controvoglia una via tortuosa fatta di spiegazioni e sensi di colpa.

Step # 5: Battiti per te stesso prima di arrenderti. L’assertività è quell’atteggiamento che si colloca nel mezzo della polarità che va da passivo ad aggressivo e coinvolge anche il tema del rispetto. Avere un atteggiamento passivo significa mettere in secondo piano le nostre esigenze e in estrema analisi non rispettare noi stessi. All’opposto avere un atteggiamento aggressivo significa non rispettare le altre persone pur di farci valere. L’assertività invece permette di rispettare contemporaneamente gli altri e noi stessi. Non è facile far riconoscere agli altri le nostre esigenze ma vale la pena tentare prima di rinunciare completamente ed essere quindi costretti ad esempio a lasciare un lavoro o chiudere una relazione.

Se l’assertività non vi viene naturale, probabilmente  serve un piccolo allenamento. Provate ad immaginarvi in un ruolo in cui siano richieste allo stesso tempo cura e responsabilità. Usate la stessa voce ferma che potrebbe avere un dottore amichevole nel dare istruzioni circa una terapia. Lo stesso tono di un’insegnante che consiglia ad un alunno di prendere ripetizioni per recuperare un’ insufficienza, oppure quello che solitamente usano le madri nel raccomandare ai figli di coprirsi quando fuori fa freddo. Risulterete premurosi ma anche determinati.

Ovviamente è possibile che anche così le vostre istanze non vengano ascoltate o che le cose non possano essere cambiate, ma almeno saprete di averci provato e questo avrà un grande impatto sulla vostra autostima.

Step #6: Immagina le conseguenze. A volte durante il processo decisionale ci concentriamo sulla responsabilità della scelta e tralasciamo risultato, mentre per prendere una decisione saggia non dobbiamo perdere di vista le conseguenze. Proviamo allora a liberarci per un secondo dal senso di responsabilità e immaginiamo due scenari opposi nei quali non siamo noi a decidere… come ci fanno sentire?

Ad esempio se la questione riguarda il voler o meno cambiare lavoro, immaginiamo un primo scenario in cui tutti gli altri lavori del mondo non esistano più. Dovreste continuare a fare lo stesso lavoro per forza. Come vi sentireste? Fate attenzione alla vostra risposta “di pancia” : sollievo, rassegnazione, costrizione.. che altro? In un secondo momento invece immaginiamo lo scenario opposto: la vostra posizione è stata tagliata e dovete cercare un altro lavoro. Adesso come vi sentite? Prendete i vostri sentimenti ed usateli come informazioni preziose per le vostre decisioni.

Per riassumere, è difficile prendere una decisione importante: non possiamo prevedere il futuro , operiamo con informazioni limitate e le emozioni possono sia facilitare sia annebbiare il nostro giudizio. Seguire questi sei passaggi però può aiutarci ad essere più consapevoli delle nostre scelte e se le conseguenze non dovessero piacerci, ricominceremo a cercare alternative.

D’altra parte i Clash l’avevano detto: “If I go there will be trouble and if I stay it will be double”

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Erica Crespi

Psicoterapeuta Cognitivista

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